Una pagina a parte merita la Lessinia, per i suoi paesaggi e perché è la montagna della città in cui vivo. Attraversarla tutta in MTB, da passo Malera al Corno d’Aquilio, è un’avventura che un biker dovrebbe fare almeno una volta. I paesaggi che si susseguono sono sempre nuovi e lo sguardo spazia dai monti della Lombardia a quelli del Trentino e al riflesso della laguna Veneta, in giornate particolarmente limpide. Consideriamo che siamo in un parco naturale e il rispetto dell’ambiente è d’obbligo. Non è inconsueto incontrare camosci e marmotte e quest’anno è stato avvistato anche il lupo.
Sentiero delle Gosse-Giazza-Croce del Gal
-Valle delle Sfingi-Parpari
Km 30
Pendenza max salita 36%
Pendenza max discesa 34%
Dislivello 1079 mt.
Arrivati al parcheggio dei Parpari alti(io,Roby,Beppino), scaricate le MTB e indossato l’abbigliamento adeguato, partiamo in direzione Passo Malera. Giunti al bivio con sentiero n.250, decidiamo di proseguire verso il passo e di non prendere subito il sentiero delle Gosse. Andiamo a vedere dall’alto il paese di Giazza, punto di arrivo del sentiero sotto la Sengia Rossa. Abbiamo la fortuna di vedere un camoscio che con agilità sorprendente risale i pendii e ci da l’impressione di non fare la minima fatica (che invidia!!!!!!!!!!!!).
Riprendiamo
il sentiero in senso contrario e al bivio per il n.250 ci dirigiamo a sinistra
in direzione Giazza. Questo percorso viene ancora usato per la transumanza. La prima parte è un bel pratone ma dopo 800 metri diventa ripido e molto smosso, con tornanti
secchi da fare con attenzione. La discesa è lunga e abbastanza faticosa ma il paesaggio ci ripaga. Lungo tutto il
percorso vediamo con piacere ciuffi di primule, bucaneve e genziane che sembrano preannunciare l’arrivo
della primavera.
Purtroppo
in un tornante Roby va ad assaggiare il fondo pietroso prendendo una brutta botta, ma non è tipo che
molla e dopo una breve medicazione riparte con noi. Arriviamo a Giazza e senza
scendere in paese, prendiamo un sentiero che passa sopra il n.251, rimanendo in
quota. Passiamo attraverso varie contrade(Franchetti, Perlantoni,
Molinari, Lebe, Cappelletti) percorrendo dei bei single track in un continuo saliscendi. In
alcune contrade sembra che il tempo si sia fermato e ci avvolge una sensazione
di tranquillità di altri tempi.
Il sentiero termina sulla strada che conduce a Velo e ci riporta immediatamente alla realtà del nostro mondo. Questo tratto che passa da Scrivazzi e Bruschi, è la parte più noiosa in quanto è tutto asfalto e non ci sono alternative fino a località Rosaro, dove prendiamo a destra in direzione Schiavoni; la strada è asfaltata ma per niente frequentata e abbastanza ripida, ci porta in località Campe. Quattro chiacchiere con gli abitanti del posto per fare il punto del percorso e via per Covel e Pozze.
Il sentiero termina sulla strada che conduce a Velo e ci riporta immediatamente alla realtà del nostro mondo. Questo tratto che passa da Scrivazzi e Bruschi, è la parte più noiosa in quanto è tutto asfalto e non ci sono alternative fino a località Rosaro, dove prendiamo a destra in direzione Schiavoni; la strada è asfaltata ma per niente frequentata e abbastanza ripida, ci porta in località Campe. Quattro chiacchiere con gli abitanti del posto per fare il punto del percorso e via per Covel e Pozze.
In
questo tratto facciamo una deviazione in
salita in single track ma forse non è stata una buona idea. Che fatica!!!In ogni caso arriviamo a
Pozze.
In
località Battisteri andiamo verso Tecchie ma qui sbagliamo il bivio per il
sentiero n.251 e ci ritroviamo in località Bortoletti. Forse meglio così, visto
che Roby comincia a risentire i postumi della caduta. Risalimo a Camposilvano e
giunti al bivio a destra riprendiamo il n.251. Qui io e Beppino decidiamo di
proseguire per la croce del Gal mentre Roby, dolorante, ci aspetta al museo del
covolo.
Il
percorso è breve e in pochi minuti siamo alla croce; il tempo per una foto e
poi rientriamo verso Camposilvano dove giriamo a destra in direzione Parpari. Dopo
600 metri con Beppino giriamo a destra mentre Roby decide di
proseguire sull’asfalto per non peggiorare le sue condizioni fisiche (il dolore
al ginocchio inizia a farsi sentire). Siamo nella Valle delle Sfingi, formazioni
rocciose che ricordano le più note
costruzioni Egiziane e proseguiamo per malga Buse di sotto.
La croce del Gal |
La valle delle Sfingi |
Il sentiero non è più segnato e ci affidiamo al GPS per incrociare il n.253 che riprendiamo a quota 1200 metri, per giungere a Malga Bellocca. Il sentiero si inerpica su un pratone molto ripido ma per fortuna è l’ultima fatica.
Malga Bellocca |
Giungiamo ai Parpari bassi e dopo un falsopiano siamo al parcheggio dei Parpari di
sopra.Qui troviamo Roby che nonostante tutto non ha mai mollato anche se ha dovuto fare il tracciato meno impegnativo. Grazie anche a Beppino per la compagnia
Translessinia
Si parte dal parcheggio dai Parpari alti e si imbocca subito sulla destra il sentiero n.250 che ci porterà a Passo Malera. Dopo poco incontriamo, sempre sulla destra, il sentiero che arriva a Giazza detto sentiero delle Gosse(questo sarà argomento per altro giro), ma non lo consideriamo e proseguiamo diritti. La salita non è impegnativa e diventa discesa fino a malga Malera di Sotto, dove prendiamo sulla destra. Una salita più impegnativa ma pedalabile ci porta a Passo Malera. I resti di trincee della Prima Guerra Mondiale ci dimostrano che anche qui hanno vissuto, anche se non in modo operativo, i momenti di quel triste periodo.
Passo Malera |
Parpari e Valpadana |
Val di Illasi |
Passiamo fra Castel Malera e Cima Trappola sul sentiero n.287 lasciando alla nostra destra Rif.Gaibana e ci portiamo in direzione San Giorgio dove, attraverso una bella discesa fra pratoni e una vecchia strada forse militare ma ben visibile, ci immettiamo sempre sul n.250 all’altezza di Pozza di San Giorgio.
Vista dal Monte Tomba |
Si riprende la salita verso Malga Gaibana , Pozza Morta per giungere con un tratto abbastanza duro ma fattibile a Monte Tomba. Siamo in cima ci gustiamo il panorama, facciamo uno spuntino e si riparte ma questa volta in discesa verso Sorgente Chiaranella e Rif. Podesteria. Ora alterniamo la strada sterrata con dei single track che segnano il confine tra la provincia di Trento e quella Verona, come una volta lo delimitavano fra Italia e Austria; di ciò ne sono testimonianza i cippi di confine ancora visibili e alcuni in buono stato. Qui il nostra sguardo può spaziare a 360° dalla pianura veneta alle alte vette Dolomitiche e sempre su di noi fa da sentinella il gruppo del Carega.
Cippo di confine |
Siamo giunti a Monte Castelberto. Il panorama sulla Valdadige, Rovereto, Trento, Dolomiti di Brenta e Monte Baldo è da mozzafiato. Facciamo una sosta al punto di osservazione e quindi ci dirigiamo al Rif.Castelberto. Questo era una volta una caserma della finanza che è stata ristrutturata con molto gusto dalla famiglia Scandola e dedicata al padre. Si mangia molto bene e vale la pena fermarsi ad assaggiare i piatti tipici locali.
Targa commemorativa |
Rif.Castelberto |
Scendiamo verso Sega di Ala. Percorriamo il n.111 per un breve tratto per girare a destra verso Malga Coe di Ala ed immetterci sul n.180 che ci porterà, con una strada sterrata abbastanza ampia, fino al ristorante di Sega di Ala. Divoriamo qualche panino e beviamo qualche bibita, quattro chiacchiere in allegria e si riparte. La compagnia è veramente divertente e abbiamo creato una bella armonia. Qualcuno lancia l’idea: “Visto che siamo qui perché non andiamo ai Busoni?” Non era nel nostro programma ma essendo vicini decidiamo di andarci e partiamo in direzione Villaggio San Michele.
Seguiamo
una strada militare che si addentra nel bosco tra alberi e cespugli fino ai Busoni, chiamati così perché
sono delle gallerie che attraversano la montagna e sbucano a strapiombo sulla
Valdadige. Nella Prima Guerra Mondiale erano postazioni di cannoni che
proteggevano la pianura Veneta da una eventuale avanzata Austriaca. Da lì erano
sotto tiro Rovereto e la valle sottostante. Anche qui il panorama merita ma facciamo attenzione
poiché siamo su uno strapiombo.
Ripercorriamo
la galleria in senso inverso e orientandoci
con il chiaro che intravvediamo alla fine. Una foratura dopo tanta
strada è accettabile e ci dà l’occasione
per fare il punto della situazione e decidere che sentiero prendere per diregerci
verso Corno D’Aquilio.
Ritorniamo
a Villaggio San Michele per prendere subito a destra in direzione Malga delle
Cime, dove la traccia di sentiero si fa dura e siamo costretti a scendere dalla
MTB e spingere. Per fortuna lo strappo
dura poco e risaliamo in MTB per passare sotto il Passo della Morte, nome
appropriato dopo la fatica; ci ricolleghiamo allo sterrato che proviene da Sega
di Ala all’altezza di Fonte Costabella (forse abbiamo allungato ma ne valeva la
pena).
Giungiamo alla Fonte del Colle e risaliamo per Casara
Preta di Sopra dove ci dividiamo. Un
gruppo ci aspetta a Casera Preta di Sotto mentre noi proseguiamo. Prendiamo il sentiero
n.220, fino alla cima del Corno.
Alcune
foto di rito e poi giù per i pratoni e single track divertentissimi fino alla Spluga della Preta.
Alla
nostra destra lasciamo la Grotta del
Ciabattino, che merita d’essere visitata,e il gruppo si ricompone. Ora ci
aspetta una discesa molto tecnica e
tosta. Faccio le raccomandazioni del caso e parto con molta prudenza. Siamo tornati
sul sentiero n.250 che ci porterà in contrada Tommasi e poi a Fosse. Possiamo
dire che la Translessinia è terminata ma noi dobbiamo arrivare ancora a Verona.
Dopo
una sosta ad un bar di Fosse prendiamo su asfalto e passiamo da Sant’Anna d’Alfaedo, Cona, Vagimal, Corrubio e Fane
dove giriamo a sinistra per Madonna delle Salette. Qui al Capitello giriamo a
destra e passando sotto monte Comun seguiamo dei single track per arrivare a
Montecchio.
Continuiamo
sulla strada per Grezzana e giunti in località Case Vecchie, non ancora
appagati,ci divertiamo in un bellissimo single track nel bosco che ci porta in
località Gasperi: siamo sulle Torricelle e seguendo la dorsale arriviamo a
Verona.
La
nostra fatica è finita ma il ricordo di questa bellissima giornata rimarrà
nelle nostre menti per sempre. Un grazie
ai compagni di avventura Lorena, Dimitri,
Roby, Andrea (cactus),Sergio e Paolo (er capoz)